Conduco i corsi di Accompagnamento alla Nascita da alcuni anni, ed ogni nuovo corso oltre ad essere una nuova meravigliosa avventura porta con sé numerose novità, revisioni sulla metodologia e diversi approcci, perché costruito sui bisogni e sulle esigenze dei nuclei familiari che vi partecipano.
Si sente spesso parlare dei CAN come di incontri inutili, frammentati, poco pratici e assolutamente poco validi nel garantire un’esperienza di parto positiva o un facile approccio all’allattamento, e questo è stato vero anche in alcune delle esperienze della nostre famiglie. Chi non partecipa ai corsi di Accompagnamento alla Nascita accusa spesse volte di non aver avuto meno difficoltà di chi ne ha frequentati …e allora perché partecipare? Una delle mie prime considerazioni fa riferimento al fatto che il percorso di accompagnamento alla nascita è un percorso estremamente intimo, personale, che non può essere vissuto per conformità, senso di colpa o semplice bisogno di ‘delegare’ la propria esperienza di nascita a terzi (ostetriche, educatori perinatali, psicologi …). Spesso si entra in questo ambiente con l’aspettativa che qualcuno ci insegni a partorire, ad alleviare le difficoltà indiscutibili del post parto, ad evitare l’inevitabile. Questo non è certamente possibile, perché nessuno può partorire a posto di una mamma, né può sostituirsi alle competenze materne e paterne – innate, ma spesse volte ostacolate da brutali e obsolete tradizioni. Io credo fortemente nei percorsi dedicati alla nascita, purché vengano intrapresi con la consapevolezza delle loro reali funzioni.
Mi sento di sintetizzarne alcune per poter chiarire la missione di chi se ne occupa – o almeno la mia.
1) Il grande potere della Condivisione. La gravidanza è un momento che mette a dura prova i futuri genitori. Il cambiamento più potente della propria vita, a cui non siamo stati ‘praticamente’ preparati. Fino ad alcuni anni fa le famiglie erano numerose, ed ogni donna e uomo poteva annoverare l’esperienza di tante nascite nel loro nucleo: la familiarità con quanto era ‘normale’ in gravidanza e sulla gestione di una piccola vita erano accertate. Ora questo scambio sociale non è più vero: a volte non abbiamo mai avuto esperienze con bimbi piccoli, conosciuto l’allattamento, le avvisaglie del parto, le sensazioni della gravidanza. Questo ci allontana dalla fiducia, e ci spinge a cercare sempre più conforto in esami specialistici – inventati, in verità, per situazioni speciali – ma che sembrano poter alleviare il senso di confusione delle nuove famiglie. Ma la presenza di un gruppo che condivide con noi molte sensazioni, preoccupazioni, inesperienze ed esperienze è un frutto che si raccoglie solo da rami volutamente ricercati, come lo sono i corsi. Le famiglie che ti costruisci al CAN sono, spesse volte, quelle che ti porti dietro lungo il percorso di maternità e paternità, risorse pronte a capirti e a risponderti, o a chiederti, e a condividere con te le prime esperienze.
2) Il valore infinito dell’informazione corretta.
Quanto viene detto non rimane molto a lungo sedimentato nel nostro bagaglio culturale, non sempre. I CAN sono fortunatamente in continua evoluzione. Esistono corsi per potervi garantire metodologie sempre più appropriate: laboratori, lavoro corporeo, confronto, uso di video … Questo perché è importante iniziare a rivoluzionare la nostra idea di gravidanza e di parto. A seguito di recenti campagne, come quella del #bastatacere (https://ovoitalia.wordpress.com/bastatacere/), è diventato per noi operatori della nascita indispensabile informare e lavorare per favorire una nascita quanto più rispettata, condizione necessaria e a volte sufficiente per un accudimento più semplice, una ripresa più facile e un’esperienza estremamente gratificante, a differenza di molti truci racconti e molte violente immagini da cui veniamo costantemente bombardati. Sapere è la molla del cambiamento.
E’ per questo consigliabile partire dal Corso di Accompagnamento per disegnare, poi, le proprie aspettative e muovere scelte relative al parto: l’esperienza della nascita è costellata di segreti diritti, di velate risorse e di molteplici modalità assistenziali. L’ordine corretto con cui vivere queste esperienze è di partire dall’informazione, decidere per le proprie priorità e bisogni confrontandosi con le linee guida e il proprio vissuto, e scegliere la strada che garantisca serenità, rispetto e sicurezza per la nascita.
3) I papà, dibattuti protagonisti. I nostri corsi sono sempre di coppia. Questo ci garantisce di lavorare anche assieme a loro, a diversi scopi. Una volta una mia insegnante ha spiegato come se per la mamma la gravidanza è un crescendo di consapevolezza e legame, per il papà assistiamo a un picco di cognizione alla notizia ‘ aspetto un bambino’ , aumentato dalla prima ecografia, per poi vivere i successivi mesi della gravidanza in uno stato di confusa incredulità. Poi ci sono diverse variabili, ma è difficile che i papà si sentano pienamente coinvolti. A volte ci si confronta con la credenza che, al parto, saranno totalmente inutili.
I papà coinvolti attivamente in un corso di accompagnamento ne escono (testimonianze scritte) pieni di doveri, responsabilità, compiti. Si sentono delle colonne portanti, sono alleati della loro compagna, sono consapevoli del proprio bambino e sanno come aiutarlo dalla nascita ai primi istanti di vita. Questo è importantissimo anche per l’allattamento, per le prime esperienze a casa, per sostenere la neomamma con tutta l’energia e sapienza di cui avrà bisogno.
4) Meno ansia, meno ormoni dello stress, bimbi più sani. I bimbi hanno bisogno di essere considerati. Questo durante la gravidanza, il parto e il post-parto. Uno degli obiettivi principali che noi ci prefissiamo è quello di favorire esperienze che avvicinino mamma e papà al loro bimbo, comprendendone le esigenze e competenze già dalle prime settimane di gravidanza.
Così proviamo a coltivare la comunicazione col bimbo, a lavorare sulle tensioni che potrebbero provarlo, a informare sulle procedure al parto che potrebbero ferirlo e sulle pratiche che potrebbero invece aiutarlo a nascere con dolcezza. Riconoscere il bimbo come una persona, e sapere quali sono i bisogni del cucciolo d’uomo, è un favore che facciamo a nostro figlio e alle future generazioni…che saranno, come noi, definite in maniera profonda dal modo in cui hanno conosciuto la vita.
5) Continuità assistenziale. Una parolina la spendo anche per noi. Non è detta che dopo il parto si abbia voglia o bisogno della propria ostetrica …ma perché non approfittare della rete di sostegno offerta? Spesso si sottolinea come criticità dei percorsi la poca attenzione al post- parto; ma nessuno può insegnarci a ‘fare i genitori’. Né si possono fare grandi previsioni sulla genitorialità: siamo tutti diversi, pure i bambini. Pretendere di sapere tanto, o spacciare questo tipo di conoscenze, non è fruttuoso ma tendenzialmente ipocrita. Quello che però è possibile fare è scegliere la propria ostetrica per essere accompagnati in travaglio, nel parto, nel ritorno a casa…
Le esperienze di assistenza precoce favoriscono una genitorialità sostenuta, combattono l’isolamento sociale, sostengono le competenze innate della triade fornendo strumenti per estrinsecarle. E’ anche questa una scelta, ma ci speriamo che rimanga sempre una possibilità; soprattutto dopo aver stretto un legame di fiducia con la ‘propria’ ostetrica.
Dr.ssa Jessica Li Gobbi Ostetrica 393.0924006 jessicaligo91@live.com
- teniamo i corsi di accompagnamento alla Nascita grazie al progetto 'Il Sogno di Viola', attivo a Terni -
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